Il Pittore: metafisica e metanoia
Una statua...
Una delle opere più interessanti del pittore Giorgio de Chirico è la statua del Pittore. Esposta una delle ultime volte al castello di Conversano, per una mostra interamente dedicata al nostro artista, il Pittore non è una delle opere più famose di de Chiricio, ma senza dubbio è una delle più suggestive. Infatti, ciò che maggiormente colpisce di quest'opera è il fatto stesso di essere una statua. Sappiamo bene che la maggior produzione artistica di de Chirico riguarda l'arte figurativa, mentre qui siamo dinanzi a qualcosa di insolito. È come se i manichini metafisici dell'artista abbiano preso vita. Ci piace guardare l'opera di de Chirico nella sua figuratività metafisica, impressa nel suo mondo. Quando guardiamo un quadro di de Chirico ci sembra che quello sia il suo mondo e che sia estremamente distante dal nostro. Mentre dinanzi ad una statua è come se il mondo di de Chirico diventasse più vicino a noi, diventasse non solo visibile ma anche palpabile. E se i manichini senza volto e le grandi piazze deserte ci inquietano quando sono dipinte in un quadro, figuriamoci quando ce le vediamo dinanzi agli occhi, toccare il nostro stesso mondo.
Un uomo metafisico: volto e corpo
Il manichino di de Chirico è un uomo metafisico, un uomo senza volto e un uomo costruito. Rifacendosi alle riflessioni di Nietzsche, de Chirico raffigura i suoi soggetti come degli esseri metafisici in quanto costruiti da secoli e secoli di riflessioni che tentano di ritrovare la fisicità di ogni essere umano. I manichini di de Chirico sono degli archetipi a cui tutti noi possiamo riferirci, in cui possiamo ritrovare noi stessi e che appartengono a noi stessi. Potremmo dire, allora, che i manichini di de Chirico, in qualche modo, ci abitano. Basti pensare a tutta la mitologia classica che, sempre con riferimento a Nietzsche, ha rielaborato nelle sue opere. I soggetti metafisici, poi, sono senza volto proprio per questo loro carattere archetipico. Se il volto è ciò che racconta l'unicità di ogni essere umano, il manichino è ciò che racconta l'universale dell'essere umano, il suo essere, appunto, oltre il fisico.
Per il resto, l'essere umano metafisico riprende tutte le fattezze di ogni essere umano, tranne che per il corpo. I manichini metafisici di de Chirico, oltre ad essere senza volto, sono anche costruiti o composti. Molto spesso ritroviamo forme geometriche che caratterizzano i personaggi, simbolo di uomini costruiti da varie forme e riflessioni, da una armonia che molto spesso lascia più spazio al caos che all'ordine. Ma questo è il caos di ogni essere umano, è il caos armonico che tutti noi abbiamo dentro, con le sue fughe, i suoi silenzi, le sue attenzioni, le sue mancanze. Insomma, la metafisica di de Chirico è costruzione di armonie dis-ordinate. Nel Pittore, però, come in altre raffigurazioni, non ci sono solo forme geometriche, ma una composizione di case, villaggi, cascate, porte e ponti. Tutti elementi nati dalla cultura dell'essere umano, che caratterizzano principalmente quei manichini che hanno, in qualche modo, a che fare con l'arte o con le scienze umane. In questi casi, i manichini non sono costruiti di forme geometriche, ma di elementi familiari, elementi che ci ricordano un luogo che viene espresso. Sono come dei luoghi archetipici, non solo familiari in quanto li vediamo tutti i giorni, ma che ci ricordano qualcosa anche se non li abbiamo mai visti. Sono luoghi che hanno a che fare con il nostro vissuto, luoghi scritti nel nostro DNA, luoghi genetici.
Dipingere per terra, dipingere la terra
Un ulteriore particolarità del nostro Pittore è che dipinge tenendo in mano una piccola ciotola e un pennello. Sono gli strumenti attraverso cui comprendiamo che egli è un pittore, anche prima di leggere il titolo dell'opera. Tuttavia, sono strumenti insoliti per un pittore, dal momento che ci saremmo aspettati sì un pennello, ma anche una tavolozza. In realtà, nella storia della pittura, la tavolozza non è sempre esistita e, in precedenza, si componeva il colore proprio in alcune ciotole. Quindi, possiamo benissimo immaginare che gli strumenti del pittore siano anch'essi strumenti archetipici. Essi raccontano non solo il gesto del dipingere ma anche il pittore stesso, come anche l'origine della creazione artistica. È come se stessimo raccontando il gesto stesso della creazione, quando Dio creò Adamo. Un gesto creativo che contiene in sè qualcosa del Creatore, qualcosa della creatura e qualcosa del creare in sè. Un gesto simbolico che ci fa essere presenti proprio lì, dove nasce l'arte come forma di vita.
Interessante notare anche il gesto del Pittore nel dipingere per terra. Egli non dipinge su una tela o su una tavola di legno o su qualsiasi altra superficie, ma sulla terra, la superficie per eccellenza. Quasi a dirci che il gesto artistico esplode in una miriade di direzioni. Un gesto diretto verso terra, ovvero un gesto che incide nella terra in quanto la creazione artistica ha a che fare con la terra, con la materialità e la concretezza. L'archetipo della creazione trova la sua superficie nella nostra terra. Tuttavia, anche noi siamo fatti di terra e prendiamo ispirazione proprio dalla nostra terrestrità. Non semplicemente dalla nostra routine, ma dalla metafisica della realtà stessa, da una riflessione sulla realtà che ci porta oltre la fisicità. Poi, nella creazione artistica non dipingiamo una copia della realtà, ma la realtà stessa, ecco perchè mancano tele e tavole. Se nella realtà attuale abbiamo bisogno di supporti per esprimere la nostra realtà, l'archetipo dell'artista è dipingere la realtà stessa, immaginarla in un altro modo, in un altro visibile.
Scrivere con il dito per terra: la conversione
Per chi conosce un po' la Scrittura o la cultura cristiana, l'arte del Pittore ci viene presentata dall'episodio di Cristo con l'adultera. Quando alcuni farisei portano dinanzi a Gesù una donna sorpresa in adulterio, quindi già condannata a morte, egli sta scrivendo con il dito per terra. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per cercare di capire cosa stesse scrivendo Gesù in quel momento. Dinanzi alla statua del Pittore di de Chirico, mi piace pensare che stesse riscrivendo proprio la storia di quella donna. Dinanzi al diritto e alla morale, Gesù prende la strada della creazione artistica, di quel momento in cui la realtà sembra ingabbiata e che, attraverso, le sue stesse parole viene ricreata, dando una nuova vita a quella donna. Ecco, allora, che la conversione, metanòia in greco, è appunto un cambiare mentalità. Se la metafisica di de Chirico ci ha portato a guardare all'archetipo della creazione artistica, il passo successivo è la metanoia ovvero il cambiamento di prospettiva sulla realtà, la ri-creazione della nostra realtà. La conversione è, appunto, un sentirsi rinati dallo Spirito e nello Spirito. Il gesto di Gesù di scrivere per terra è un gesto artistico, dove Gesù incide nell'essere terra di quella donna e la salva, la riporta alla sua stessa dignità. Solo nella metanoia, nella conversione, ciascuno di noi diventa il capolavoro di Dio.
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