Buonaiuti: un'eresia che ci affascina
Parlando di Liberalismo politico, la rivista Philosophy Kitchen ha introdotto un articolo molto interessante sulla figura e il pensiero di Ernesto Buonaiuti. Il nome di questo prete romano è legato, indissolubilmente, alla corrente del modernismo, diffusasi all'interno della Chiesa Cattolica agli inizi del XIX secolo. Il movimento modernista, ancora oggi guardato con sospetto da frange conservatrici della Chiesa Cattolica, si sviluppa in un clima culturale italiano ed europeo di forte emancipazione. Dato lo sviluppo delle scienze sociali, della politologia e, soprattutto, della coscienza politica delle masse, ecco che il modernismo tenta di avvicinare due mondi che, con il passare dei secoli, stavano diventando sempre più distanti: la Chiesa e la società. Sappiamoo bene come, dopo l'epoca della Riforma protestante, la Chiesa Cattolica abbia raggiunta una propria peculiare identità e una sua stabilità attraverso il Concilio di Trento. Nell'epoca post-concialre tridentina, la Chiesa ha sempre più concentrato la sua autorità sulla figura papale e sulle sue tradizioni. Questo ha comportato da una parte la stabilità all'interno della Chiesa nei suoi apparati e nelle sue strutture, dall'altra un certo conservatorismo sempre più restio ad aprirsi alle novità e alle trasformazioni della società. Tanto che, il Concilio Vaticano I, riuscirà a produrre solo due documenti: uno sulla Rivelazione, l'altro sulla infallibilità pontificia. Se questo è il clima ecclesiastico dell'epoca, il clima sociale risente di profonde trasformazioni post-rivoluzione industriale, dove le masse proletarie, sfruttate e costrette a vivere in condizioni di estrema miseria, iniziano a sviluppare un proprio pensiero grazie anche a pensatori del calibro di Marx, Proudhon, Sorel, Bakunin. Insomma, nelle masse si diffonde sempre più il pensiero marxista e socialista, se non addirittura anarchico. Così, fra le chiusure ecclesiastiche e le trasformazioni sociali si sviluppa il pensiero modernista che Achille Zarlenga lega al liberalismo e al sindacalismo.
Nella particolare declinazione buonaiutiana, il modernismo è quindi presentato come una summa tra vecchia tradizione cattolica, nuovo pensiero e recenti aspirazioni sociali e proprio quest'ultime non possono venire ignorate dal mondo ecclesiastico. Tale esigenza, in Buonaiuti, si codifica in una particolare attenzione verso i nuovi movimenti presentatisi sulla scena politica mondiale e, in particolare, in Italia; a suo avviso quindi l'universo curiale non poteva rimanere sordo alle grida elevate dagli strati meno abbienti della popolazione che, proprio in quegli anni, esigeva una ferma e inedita politica riformatrice. Nonostante il cattolicesimo romano sia "una casta e un partito più che un'associazione di anime pervase dal sentimento puro della religiosità" (Buonaiuti, 1948, p. 36) Buonaiuti, nelle Lettere di un prete modernista - forse il suo più alto sforzo intellettuale di conciliazione e di fusione degli archetipi cristiani con gli ideali socialisti - scrive che nel mondo sacerdotale spira un nuovo vento, quello del movimento operaio, il quale portò molti giovani seminaristi a interessarsi delle vicende socialiste e, in particolare, a quelle sindacaliste.
A. Zarlenga, Ernesto Buonaiuti tra liberalismo modernista e socialismo cristiano, Philosophy Kitchen # 8, 5(2018), p. 107.
Il pensiero modernista di Buonaiuti si presenta come una sorta di risposta ecclesiale alle trasformazioni sociali, dove la coscienza ecclesiale si mette in ascolto della povertà delle masse. Ancora oggi, all'interno della Chiesa, tutto questo viene visto con sospetto o tacciato di progressismo, comunismo, insomma di eresia. Le radici di questa accusa affondano proprio nel fatto che il modernismo è stato rifiutato e bollato dalla Chiesa come eterodosso, come un movimento che non rendeva l'ortodossia cattolica. Così, anche Buonaiuti è stato bollato come eretico e dimenticato dagli ambienti ecclesiastici. Tuttavia, il suo pensiero continua ad interessare molti studiosi, come anche molti preti, per il semplice fatto che, molte delle sue intenzioni e delle sue motivazioni, sono state riprese dal Concilio Vaticano II e reinterpretate alla luce delle trasformazioni sociali. Dopo anni, la Chiesa ha compreso che non poteva rimanere sorda ai segni dei tempi, anzi, che Dio si rivelava proprio nella storia degli uomini e delle donne, soprattutto dei poveri e degli sfruttati. Così, il sogno di Ernesto Buonaiuti è diventato profezia per la Chiesa dei nostri giorni, con modalità nuove e riviste, ovviamente. Tuttavia, quello che ci interessa del pensiero buonaiutiano è questa sua attenzione ad un mondo che stava bussando alle porte della Chiesa, ma soprattutto un pensiero che, per quanto possa essere stato definito eretico, ha suscitato sempre un grande fascino per la sua concretezza e attenzione. Quella del modernismo diventa quasi una eresia che ci affascina, un'eterodossia che ha il sapore della profezia più che degli errori dottrinali. E, forse, è questo anche il rischio di amare la Chiesa e di amarla così tanto da essere disposti ad essere rifiutati anche da lei, sapendo che non lavoriamo nè per l'oggi, nè per il domani, ma per i secoli a venire. Per un Regno che non è di questo mondo, ma che germoglia qui, in mezzo a noi.
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