Nottambuli
Il dipinto Nightawks, i Nottambuli di Edward Hopper rivela una particolare sintonia fra la
luce e il silenzio. Già l’elemento asciutto del ritratto, la sua essenzialità
nei tratti e, al tempo stesso, il suo polimorfismo cromatico giocato con
l’ingresso della luce, ci permette di cogliere questa dialettica fra il
silenzio e la luce stessa. Il dipinto ritrae un bar qualsiasi, in una cittadina
statunitense qualsiasi, dove ciò che davvero conta è il tempo. Infatti, è il
tempo che colloca questo momento, dove la luce penetra nel quadro, lasciando
ancora accese le luci della sera. Se non fosse per la luce, infatti, non solo
non riusciremmo a comprendere in che tempo siamo, ma neanche nel luogo in cui
ci troviamo. Infatti, il bar che viene ritratto, a causa della luce, ci fa comprendere
che siamo alle prime ore dell’alba e che questo è un bar notturno, di quelli
che rimangono aperti durante la notte per tutte quelle persone che si aggirano
nella mancanza di luce. Il tempo, inoltre, viene evidenziato da un dolce
contrasto fra la luce del sole e la luce del bar, il che ci dice lo spuntare di
una luce nuova, alla fine della notte. In una città essenziale, fatta di pochi
elementi, di palazzi e soprattutto di una strada in cui siamo collocati. Una
strada che è fuori dal bar e che ci permette di vedere nel bar stesso. Siamo in
una scena ma, al tempo stesso, al di fuori della scena, coinvolti in essa in
quanto spettatori, ma anche al limite, allo spartiacque del tempo fra giorno e
notte, ma anche fra lo spazio cittadino e la scena personale del bar. Paradossalmente,
dunque, siamo collocati fra due spartiacque, uno temporale e uno spaziale,
contemporaneamente dentro e fuori. Siamo collocati nel quadro ma non al centro
della scena principale, il bar. Siamo collocati nel tempo, fra il giorno e la
notte. Man mano che osserviamo il quadro, dunque, gli oggetti, le persone, i
luoghi si chiarificano i ci retroproiettano le titolo dell’opera, Nottambuli. Dove i nottambuli non sono
coloro che vengono ritratti seduti al bar, in quanto non sappiamo nulla delle
loro storie e del percorso fatto per giungere in quel bar. Ma i nottambuli
siamo noi, con le nostre storie, i nostri percorsi, i nostri avvenimenti. Siamo
noi che sorpassiamo la notte e che tra-guardiamo verso la luce. Dove la luce
non è giunta ancora alla sua pienezza, al suo azimut. Ma è ancora una luce che
ha bisogno di luoghi luminosi, di punti in cui la luce possa eccedere, possa
rimanere in un contrasto che diviene armonia. E siamo qui, nel mezzo, fra il
bar e la luce, fra la città e la strada, metafore di esistenza e resistenza. Irrimediabilmente
nottambuli.
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