Gerusalemme, Gerusalemme!
Trump sceglie di spostare l'ambasciata a Gerusalemme
Questa settimana il presidente USA, Donald Trump sceglie di spostare l'ambasciata americana da Tel-Aviv a Gerusalemme. Una scelta che era già nel suo programma elettorale e che non comporta solo uno spostamento burocratico, ma un atto simbolico. Infatti, spostando l'ambasciata a Gerusalemme, Trump legittima lo Stato di Israele a discapito dello Stato Palestinese. In men di una settimana ci sono già 4 morti e 750 feriti secondo l'ultimo aggiornamento ANSA. Una sola parola di Trump è bastata per creare un nuovo squilibrio in una situazione già compromessa di per sè. Una strategia di politica internazionale che potremmo definire come una secchiata di benzina su un fuoco già ardente. Ma questa è solo l'ennesimo atto di Trump che manifesta non solo le sue intenzioni, ma la faccia stessa del capitalismo americano. Trump non è nato come un fungo e non si può nemmeno dire che sia pazzo, ma è il chiaro risultato di una politica espansionista e consumista statunitense che ha bisogno di guerre, di amici e nemici, di buoni e cattivi per mantenere in vita il proprio status economico. Tuttavia, l'atto che maggiormente ci interessa non è stato il capitalismo spudorato con cui tutti, prima o poi, ci troveremo a fare i conti, quanto che di mezzo ci sia una delle città più citate nella Scrittura, Gerusalemme.
Una città da attraversare
Città come Gerusalemme e Betlemme sono, oggi, le più citate soprattutto per il tempo di Avvento che stiamo vivendo. Sono i luoghi in cui è nato Gesù, in cui ha vissuto, in cui è emigrato e in cui ha subito anche l'oppressione del potere. Città che vengono ricordate in una terra chiamata santa, e che oggi si ritrova a vivere e a perpetuare gli stessi conflitti. Ma, ormai sembra chiaro, che in tutte queste guerre, Dio non c'entra nulla. Infatti, questi sono territori non solo cari al cristianesimo, ma anche all'ebraismo e all'islamismo. Sono terre in cui le tre grandi religioni monoteiste hanno visto nascere la loro fede. E, guarda caso, in tutte e tre queste religioni si parla sempre di un Dio della pace, di un Signore potente e misericordioso. La guerra non c'entra nulla con la religione e, anche quando una guerra viene chiamata santa, è solo per nascondere altri interessi e altre strategie. E Trump ci ha, finalmente, mostrato questo che, come dicevano Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista: il merito del capitalismo è aver tolto il velo di tante giustificazioni alle pretese di dominio e potere che sviluppa in se stesso. Ora, davanti ai nostri occhi, c'è l'immenso meccanismo del capitale che sfrutta ed opprime, fino a toccare nuovamente la Città Santa.
Gerusalemme come simbolo: liberata e occupata
Gerusalemme si ritrova a vivere la stessa condizione che ha vissuto nel corso della sua storia: città libera e occupata. Sia prima che dopo Gesù, ritroviamo sempre una Gerusalemme che viene conquistata, rasa al suolo, occupata e assediata. Dall'esilio del popolo di Israele in Babilonia fino a Trump, passando per l'impero romano come per le mani delle guerre crociate. In ogni epoca, Gerusalemme si ritrova a vivere la stessa condizione di una città che viene occupata e nuovamente liberata.
Guardando alle Scritture, ci possiamo accorgere che questo avviene quando religione e potere si combinano e si intrecciano. Interessi di parte si ammantano di una giustificazione religiosa e la religione viene manovrata da strategie di potere. Non abbiamo più una polarizzazione fra le parti in cui la fede spinge alla politica e la politica illumina la fede. Ma si crea un vortice oscuro di trame che spinge alla rovina tutto il popolo. Un altro caso, poi, è quello dell'idolatria, secondo cui Israele non mantiene fede al suo Signore e la città cade in rovina. Ma proprio ripartendo dalla questione dell'idolatria, possiamo ripensare la sorte di Gerusalemme. Infatti, l'idolatria non è semplicemente accogliere gli dèi degli altri popoli, ma prostrarsi a loro, rendersi nuovamente schiavi e preferire la schiavitù ad un Dio Liberatore. E la storia di Gesù ci parla proprio di questo rifiuto degli idoli come strumenti di potere per sottomettere ed opprimere. Ma nella vita di Gesù non ritroviamo mai una condanna degli altri popoli, quanto piuttosto un'accoglienza senza distinzioni, una accoglienza che converte Gesù stesso quando parla con la donna siro-fenicia. Una donna pagana, una donna che non avrebbe mai dovuto parlare con Gesù. Ed è proprio in questa accoglienza che ritroviamo la storia stessa di Gerusalemme.
Raccogliere le contraddizioni umane
Gerusalemme, non è solo la capitale del popolo di Israele, ma la città simbolo che accoglierà tutti i popoli, come ricorda la profezia di Isaia. Una accoglienza che ritroviamo già ai tempi di Gesù. Persone di fedi e culture diverse che vivevano già insieme pacificamente e che ritroviamo citate negli Atti degli Apostoli, il giorno di Pentecoste. Il dono dello Spirito è nella capacità di farsi comprendere da tutti, di poter accogliere tutti, di convivere con coloro che non la pensano come noi o che parlano un'altra lingua in una vera comunità. Gerusalemme diviene la città meticcia in cui non solo si tollerano le diverse comunità, ma fra le diverse comunità c'è uno scambio reciproco, tutte alla ricerca del vero Dio.
La precarietà della pace
A turbare la quiete c'è sempre uno squallido gioco di potere, oggi come ieri, che divide e comanda. Ma per arginare questo potere, poterlo riconoscere e lottare contro di esso, c'è bisogno di recuperare il simbolo Gerusalemme. La città dell'accoglienza, la piccola metropoli dove le diverse comunità si mescolano in una dialettica di puro e impuro. Una città in cui il conflitto esiste e che può essere superato solo nella coscienza simbolica di Gerusalemme a capitale universale della pace. Una pace che non è solo mantenere lo status quo ma costruire ogni giorno una convivenza davvero politica che sappia partire dalla propria fede in quel Dio grande e misericordioso. Una pace sempre dinamica e precaria, sporta sulla bocca dell'inferno della guerra. Non è un caso che, secondo la cosmologia di Dante, la bocca dell'inferno si trovi proprio sotto Gerusalemme. Una pace che ha bisogno di contrastare i giochi di potere attraverso uomini e donne che subiscono ogni giorno quel potere, come Cristo. Ed è proprio lui, Gesù, che durante la sua vita ha visto la sua Gerusalemme e ha pianto su di essa, a causa della sua sordità. Lacrime di dolore che sono la sintesi di ogni lacrima umana, lacrime da cui ripartire, per costruire la nuova Gerusalemme, la città di Dio, dove tutti i popoli possano convivere, vivere insieme, senza che un uomo seduto al caldo della sua casa bianca, con le decorazioni natalizie già accese e in mostra, possa decretare l'inferno per milioni di persone. Gerusalemme è il simbolo della città di Dio, una città dove operare una nuova sintesi universale libera dal potere, in nome di un Dio Liberatore.
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