L'altro fra novità e identità
Il libro di Michel de Certau, Mai senza l'altro ci offre la possibilità di poter ragionare sulla dinamica di identità e alterità. Tuttavia, de Certau non inizia a parlare dell'altro in quanto altro, ma dell'altro come novità. Quando riconosciamo l'alterità, in realtà, non riconosciamo in essa un'altra identità ma una novità. E una novità, in quanto tale, non ha una identità dal momento che non si definisce. anzi, ogni novità si caratterizza proprio per una rottura dell'alterità. Potremmo dire, dunque, che l'identità della novità è in questo non avere identità. Ma in questa mancanza di identità, la novità pone in questione l'identità stessa di colui che fa esperienza della novità. Per questo, la novità non è una ulteriore identità che posso conoscere attraverso le mie categorie di identità, ma è ciò che fa saltare la mia stessa identità. Ecco perchè non tutti i fenomeni sono novità e non tutte le novità sono fenomeni ovvero non tutte le novità hanno una manifestazione immediata.
Secondo Michel de Certau, la prima immagine che coniuga novità e alterità è l'estraneità. Lo straniero è colui che visita la terra che ci appartiene e, nel suo passaggio, risulta portare la sua identità e la sua cultura. In questo passaggio rimaniamo sconcertati e ne siamo, spesso, poco preparati. Tuttavia, l'identità dell'estraneo non viene percepita come una sua identità, ma viene percepita come un qualcosa che minaccia la nostra identità. Per quanto buoni possiamo credere di essere dinanzi allo straniero, esso ci inquieterà sempre perchè ci spinge a ripensare non solo la nostra identità, ma l'idea stessa di identità che possediamo con tutto il suo bagaglio. L'altro nuovo che scardina l'identità è il cardine di tutta la vita cristiana. Leggiamo in Michel de Certau:
Tutto si regge, dunque, ma in un equilibrio in movimento, continuamente rotto, in cui l'estraneo occupa il posto iniziale e sorprende ogni volta, con la sua venuta, l'attesa che l'ha preceduto. Egli è, per i cristiani, la loro vocazione e al tempo stesso colui che li condanna. Egli manca loro, e li sconcerta. Insegna loro ciò che dicevano già, e disvela (sovente a sua insaputa e loro malgrado) la loro intelligenza e la loro grettezza. Come faceva già il forestiero incontrato sulla strada di Emmaus. È il loro vero giudice, proprio in nome della loro fede, sempre alloggiata da qualche parte, ma perchè si apra una porta nel conosciuto o sull'ignoto, senza che essi sappiano in anticipo dove o come. M. de Certau, Mai senza l'altro. Viaggio nella differenza, Qiqajon, Magnano 2007, p. 19.
L'attesa cristiana si caratterizza proprio per questa tensione verso La novità. Una novità che non si aspetta come l'autobus alla fermata, con tabelloni e appuntamenti. Una novità che si attende perchè giunge quando meno la aspettiamo. Questa attesa, allora, pare le porte alla novità come inedito, ma anche come improbabile. Il cristianesimo, proprio con la venuta del suo Signore, ci insegna l'attesa dell'Improbabile che rompe ogni nostra identità per farci uscire allo scoperto. E respirare aria nuova.
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