Davide: non mi avete fatto niente?
Terra: conquista o dono?
La canzone Non mi avete fatto niente di Meta e Moro, piace perchè ci permette di entrare in noi stessi, nella parte più oscura e più tragica, quella parte di noi stessi che emerge quando ci troviamo dinanzi ad un evento tragico e terribile. Non mi avete fatto niente, infatti, è il grido di colui che ha perso tutto ma che ha ancora il coraggio di andare avanti. Non mi avete tolto niente è la constatazione di aver perso tutto e di continuare ad andare avanti, malgrado tutto. È il grido profondo che ci spoglia da tutto e ci rimette a contatto con la vita che incede, che va oltre tutto, anche oltre noi stessi. Difficilmente raggiungiamo questa consapevolezza in noi, perchè per giungere a questo punto ci occorre togliere dalla nostra vita ciò che è superfluo, fino a ciò che è importante, per far rimanere l'essenziale. E questa profondità essenziale della vita, la ritroviamo anche nella Scrittura e, in particolar modo, nella storia di Davide. Un ragazzo che viene scelto da Dio dopo che il re Saul ha inquinato il suo cuore con gli idoli. Davide è il più piccolo della sua famiglia e, dopo essere stato unto con l'olio da parte del profeta Samuele, segno di elezione regale, e aver sconfitto il gigante Golia, Davide viene chiamato a corte per essere servo di Saul. Tuttavia, l'astro nascente di Davide crea gelosia nel re Saul, tanto da volerlo uccidere. Ma Dio salva Davide dagli agguati di Saul fino a farlo diventare re al posto suo. Diremmo, oggi, che Davide fa una carriera lampo passando da semplice pastore delle pecore di suo padre, al trono di Israele. E sarà proprio Davide a unificare tutto Israele sotto la sua corona, portando il regno al suo massimo splendore. I primi gesti di Davide, dopo essere diventato re, riguardano proprio la conquista della terra contro i Moabiti, gli Amaleciti, e tutti gli altri popoli confinanti. Il primo scarto che ritroviamo in Davide è, appunto, quello della terra. Quella terra ferita nei suoi organi è la stessa terra ferita dalle nostre presunzioni di conquista. Quando Davide diventa re, pian piano si insinua in lui la concezione di una terra da conquistare, di un potere da esercitare su una terra che ha conquistato con le sue mani. Pian piano Davide si dimentica che quella terra su cui regna è un dono. La terra ferita è uno spazio che viene scambiato per conquista invece che accolto per dono. Quando pensiamo di avere tutto per i nostri meriti, quando confondiamo la proprietà privata con l'essenziale della nostra vita, allora tutto diventa conquista e dominio, fino ad essere disposti ad uccidere chi tenta di rubarci la terra, chi pensiamo ci invada. Nell'epoca in cui l'essere umano si fa da solo, conquista ogni cosa attraverso i propri meriti, allora tende all'accumulazione e al profitto individuale eliminando chiunque gli si pari dinanzi. Una terra ferita nei suoi organi è una terra che subisce ancora le nostre conquiste di ieri come di oggi. E anche Davide, il re di Israele, ha bisogno di fare i conti con la sua smania di conquista. Perchè, con questa smania, tutti prima o poi facciamo i conti. Allora scegliamo se accumulare per noi, oppure accogliere la terra, gli altri, il prossimo, il povero, come un dono. Davide pensa di poter conquistare tutto attraverso i propri meriti, fino a sistemarsi, fino a rimanere tranquillo e sereno nel palazzo regale, mentre gli altri combattono per mantenere il suo potere. Il piccolo pastore, che era stato salvato da Dio, ecco che ora è diventato un uomo potente. Ma la lotta più dura non è ancora stata combattuta.
La tragedia: Davide e Betsabea
Anche per Davide giunge un momento tragico. Quando, ormai, sembra tutto tranquillo, ecco che si trova dinanzi ad una donna con cui commette peccato, prendendola per sè e uccidendone il marito. Questa donna è Betsabea, e per averla, Davide è disposto anche a farle uccidere il marito Uria. Nella vita di Davide, questo sarà il momento in cui scoppierà la bomba del terrore. Davide si troverà davanti a se stesso, alle sua mancanze, alla sua sete di potere, alle sue trame e alla sua brama di potere. Proprio qui, in questo momento, Davide si renderà conto che la sua brama di potere e la violenza con cui ha esercitato il potere, gli si rivolge contro, fino a schiacciarlo. Conquistare obiettivi e mete, ci può portare anche a perdere noi stessi e la nostra libertà. Sacrificare tutto in nome della carriera e dei propri meriti, ci spinge anche a perdere chi siamo davvero. Solo dinanzi ad un evento tragico, quale può essere l'aver commesso violenza o il vedersi strappare gli affetti più cari e le persone che amiamo, ci rendiamo conto di cosa perdiamo e di ciò che è essenziale nella nostra vita. Dinanzi alla tragedia che ci strappa via tutto, viviamo una sorta di riduzione all'essenziale, un ritorno alla fonte della nostra stessa vita. Tutta la nostra bramosia di onnipotenza si scontra con la nostra impotenza. E qui, in questa contraddizione, fra onnipotenza e impotenza, torniamo ad essere umani. Così avviene dinanzi ad ogni evento terroristico, come in ogni guerra, come in ogni nostra piccola o grande tragedia.
Ritrovare una pace: ritrovare l'umanità
Da qui parte la nostra comprensione di una pace che parte dalla nostra umanità. Se vogliamo davvero costruire la pace, se vogliamo tessere dei ponti di pace, ci occorre partire dalla nostra umanità. Ma non da una riflessione astratta sul nostro essere uomini o sul nostro essere donna, ma partendo dall'esperienza concreta. E l'esperienza che ha fatto Davide della sua umanità è quella di essere un peccatore. Questo è il grande mistero del nostro essere uomini: la grande fragilità. Davide non è un peccatore solo perchè ha commesso qualche atto peccaminoso oppure perchè la sua umanità è un nulla, ma perchè, nel processo di riduzione all'essenziale, egli comprende di essere mancante e fragile, di essere debole. Troppo spesso abbiamo legato il nostro essere peccatori ad una dimensione di tristezza e pessimismo, ma raramente abbiamo compreso che la fragilità ci appartiene, è tessuta dentro di noi, e che, proprio in quanto peccatori, siamo amati da Dio. Proprio nelle nostre incompletezze e imperfezioni, Dio abita e sceglie di abitare. Quando giungiamo a comprendere tutto questo, ecco che giungiamo a costruire davvero la pace. Non tollerando più nessun atto di guerra e di prevaricazione dell'uomo sull'uomo, in quanto ogni uomo è mancante come ogni altro uomo. La dimensione del peccato ci riporta così all'inutilità di ogni guerra, ma soprattutto alla costruzione di un mondo più giusto non in base alle mie concezioni di giustizia, ma fondandoci sulla relazione con l'altro. Quando Davide si scopre peccatore, ecco che tutta la sua vita cambia, e lui si ritrova ad essere uomo come tutti e non più un conquistatore potente.
Senza figli e senza padri
Un altro elemento importante della vita di Davide è la sua relazione con i figli. Durante la sua vita, Davide ha molti figli da molte mogli. Tuttavia, ciascuno di questi figli vive una relazione diversa con lui, una relazione che rispecchia sempre la relazione fra padre e figlio. Fra questi figli di Davide, spicca Assalonne, il figlio traditore che cerca di conquistare il regno del padre proprio congiurando contro suo padre. La stessa personalità di Assalonne ricalca quella di Davide, soprattutto nella sua parte peggiore. Assalonne è un uomo violento, che trama alle spalle del padre, che vuole impossessarsi del regno del padre non perchè gli sia stato donato da Davide, ma perchè vuole prenderlo con la forza. Assalonne è il desiderio di conquista di Davide che gli si ritorce contro, un figlio che uccide il padre perchè dal padre ha imparato solo a prendersi tutto con la forza. E Davide si troverà costretto a fuggire dinanzi alla congiura di Assalonne e potrà tornare a Gerusalemme solo quando Assalonne morirà impigliato con i capelli in un albero. Solo con la morte di suo figlio, Davide potrà tornare a regnare. Ma non è solo il dramma di Davide questo. È il dramma di ogni padre e di ogni figlio che non vivono nella loro reciprocità, una generazione senza padri per una generazione senza figli. Anche se non si giunge all'omicidio e al tradimento, siamo dinanzi ad una generazione che non vuole assumersi la responsabilità dell'essere padri, anzi vuole rimanere eternamente adolescente, fino ad imitare i loro stessi figli. Così i padri rimangono figli e i figli crescono senza padri.
Davide, oltre tutto e oltre la gente
Interessante notare che, durante la sua fuga, Davide viene rincorso da un uomo della casa di Saul, il vecchio re. Quest'uomo corre dietro a Davide insultandolo e tirandogli pietre. Tuttavia, Davide non fa nulla contro di lui, non lo uccide nè ordina di catturarlo, anzi si fa prendere a sassate, perchè Dio ha permesso a quell'uomo di insultarlo. Ciò che maggiormente ci colpisce è come Davide abbia imparato a rimanere calmo dinanzi agli oltraggi. Non è più l'uomo della forza, il potente che avrebbe ucciso e eliminato ogni ostacolo pur di depredare e conquistare uomini e territori. Davide è l'uomo che ha compreso la sua fragilità e per questo si apre ad una nuova dimensione dell'essere umano: la compassione. Davide comprende che quell'uomo prova dell'odio nei suoi confronti e che è anche giusto che provi odio perchè si sente derubato dal nuovo re. Così, Davide giunge ad una nuova comprensione di se stesso e degli altri giungendo a capire e a subire anche l'insofferenza degli altri. Non gli importa più solo e soltanto di se stesso, ma gli interessa andare oltre ogni oltraggio. Per Davide la vita è oltre tutto, oltre la gente, come oltre ogni oltraggio che può subire. Il suo cuore si è così dilatato che riesce anche ad accogliere chi è arrabbiato nei suoi confronti. Non fa valere più le sue ragioni, ma si arrende ad un oltre che passa anche per la rabbia degli altri. Quest'oltre di cui fa esperienza Davide è proprio il volto di Dio, tanto che Davide dice ai suoi soldati di non intervenire perchè se viene insultato è perchè Dio ha permesso tutto questo. L'oltre di Dio è anche vivere l'esperienza del dolore altrui nei nostri confronti, e andare avanti, malgrado tutto.
Una vita che va avanti
Davide si accorgerà della vita che va avanti, oltre quelli oltraggi, quando il suo regno passerà al saggio Salomone, suo figlio. Se Assalonne era il figlio che vuole uccidere suo padre, Salomone è il figlio nuovo, il figlio che nasce dopo il peccato. Ad indicare come la tragedia e il rancore lasciano sempre il posto alla speranza di una vita nuova. Oltre tutto, anche oltre il peccato stesso, c'è sempre la vita che esplode nel grembo di una donna. Salomone è, allora, questa vita che avanti oltre tutto. Il bambino Salomone sarà il nuovo sorriso di Davide, la sua nuova gioia, come anche il compimento della sua vita, il suo successore. Davide riesce a trasmettere la sua vita proprio in quanto la sua vita è un dono di Dio, perchè Salomone stesso è un dono di Dio. Il sorriso di un bambino sarà il germoglio nuovo che, oltre Salomone giungerà a Gesù Cristo, il germoglio del tronco di Iesse. E proprio nel bambino Gesù, ritroviamo il germoglio della nostra nuova speranza. Perchè in Gesù ritroviamo il cammino verso la pace, quel cammino in cui ogni religione si disgrega e rimane solo il nostro essere figli di un unico Padre. Paolo diceva, che Gesù è colui che ha abbattuto il muro di separazione fra giudei e greci, fra schiavi e liberi, facendo di tutti un solo popolo nuovo, una sola umanità. E in questa umanità continuiamo a camminare.
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