Fiaccola viva
Camminando davanti a me questi occhi pieni di luci
che un angelo sapiente ha calamitato,
camminano, fratelli divini, miei fratelli,
scuotendo nei miei occhi i loro adamantini fuochi
Mi salvano da ogni insidia e ogni peccato,
guidano i miei passi sulla via del Bello,
sono miei servitori e io il loro schiavo,
tutto me stesso segue questa fiaccola viva.
Occhi d'incanto, brillate del mistico chiarore
dei ceri accesi in pieno giorno, il sole
arrossa ma non spegne quella fiamma irreale
Quelli la Morte, voi cantate il Risveglio,
camminando cantate il risveglio della mia anima,
astri la cui fiamma nessun sole offusca.
Charles Baudelaire, La fiaccola viva
Il cammino e lo sguardo
C'è una profonda sintonia fra il cammino e lo sguardo. Anche se sembrano due parole che insieme non raccontano nulla, il loro intrecciarsi ci può indicare la parabola stessa della nostra umana vita. A prima vista sembra che cammino e sguardo non dicano nulla insieme, in quanto il cammino indica una dinamicità al contrario dello sguardo che esprime una staticità. Eppure, nel rimando fra queste due parole ritroviamo una dinamicità che ci spinge verso una mèta ferma, un andare verso un punto. La poesia che tesse Baudelaire ci ricorda come l'inizio del cammino è sempre un'attrazione verso qualcosa, una proiezione fuori di sè perchè incontriamo quel quid che eccede noi stessi. Nessuno si mette davvero in viaggio spinto dalla sua forza di volontà, dalle sue buone intenzioni, da un obbligo. Perchè nessuna forza interna alla nostra personalità può farci iniziare un cammino se non una energia che ci attira a sè, che ci porta fuori da noi stessi. E, paradossalmente, veniamo attratti fuori da noi stessi solo quando ritroviamo fuori di noi quell'incognita che parla a noi stessi, che ci racconta chi siamo. Come se l'essere fuori di noi stessi, indichi un tornare a noi stessi. L'immagine che ci dona Baudelaire è quella della calamita che viene attratta da una forza fuori di sè, in quanto quella forza combacia perfettamente all'essenza stessa della calamità. Il campo magnetico, infatti, realizza l'avvicinamento della calamita solo quando si trovano dinanzi i due poli opposti. Così avviene dentro di noi, ci mettiamo in cammino solo quando riconosciamo che fuori di noi c'è qualcosa che attira la nostra stessa essenza. In questa prospettiva è interessante collocare l'idea di creaturalità. Essere creature non significa essere sottomessi alla volontà cieca di un Creatore, ma essere attratti oltre noi stessi da un Dio che, proprio perchè non siamo noi, ci porta a riconoscere noi stessi. Un cammino da creature è attratto, così, verso lo sguardo di un Creatore.
La via Del bello: attrazione e mèta
Curiosamente, la via che attrae non è un insieme di dottrine o di concetti, ma una via carnale, la via del fratello. Lo sguardo che incrociamo ogni giorno non è direttamente lo sguardo di Dio ma lo sguardo degli altri. Uno sguardo che ci può giudicare, etichettare, anche condannare perchè questo è anche il rischio della alterità, è il rischio di giocare dialetticamente se stessi dinanzi ad una alterità irriducibile ai nostri schemi. Ma lo sguardo dell'altro non è solo lo sguardo del nemico, dell'inconoscibile, del disprezzo, ma può essere anche lo sguardo di chi ci ama, di chi gioisce quando lo incontriamo, di chi va oltre le sue precomprensioni e si rimette continuamente nel gioco dei significati. Questa dialettica dell'Io-Tu nello sguardo apre alla prospettiva del fratello dove, per fratello, intendiamo non solo la dimensione creaturale, ma il nostro essere creature che si solo lasciate guardare dal Creatore. Solo quando sappiamo farci guardare da uno sguardo altro, riusciamo a reggere lo sguardo dell'altro. Per lo sguardo altro di Dio è lo sguardo di chi ci fa uscire da noi stessi per guardare noi stessi da un'altra prospettiva, per rovesciare le nostre prospettive. Lo sguardo di Dio è lo sguardo che ci mette dinanzi a noi stessi e, proprio perchè sappiamo guardare noi stessi, riusciamo a guardare gli altri come guarderemmo noi stessi. Allora, il cammino verso l'altro diventa un cammino di fraternità, in cui lo sguardo di Dio divampa nel nostro sguardo e la luce dello sguardo del fratello perde ogni sua parvenza di giudizio e ci apre all'Eterno. Il cammino verso se stessi, iniziato dall'attrazione dello sguardo di Dio, diventa cammino verso il fratello, verso l'alterità creaturale. Qui si rivela la bellezza, non solo come tratto estetico, ma come incisione luminosa nella mia vita dello sguardo di Dio e del fratello. La bellezza, infatti, non è nella canonicità di una riproduzione artistica o nella serialità delle merci di fabbrica, ma nel guardare alla realtà con occhi nuovi, con uno sguardo eccedente.
Una fiamma irreale: più di se stessa
Molto spesso la nostra questione sulla realtà sembra essere più un'arresa alla realtà. Ci sembra reale solo quello che è dinanzi a noi, solo ciò che non possiamo modificare e che ci blocca. Il realismo rischia sempre di diventare una visione così disincantata del mondo da rinunciare a qualsiasi molteplicità e possibilità altra. Se la realtà è così, non possiamo fare nulla per cambiarla. Questo arrendersi alla realtà ci spersonalizza fino a farci diventare ingranaggi di un sistema, fino a farci dimenticare il segno creaturale del nostro essere uomini e donne. Ecco perchè lo sguardo di una fiamma irreale, è lo sguardo di una luce che brilla più del giorno, un surplus di luce. L'irrealismo diventa così non solo surrealismo, immaginazione di una realtà diversa, ma di una realtà oltre, di una realtà a cui il nostro raziocinio fa fatica a credere. Eppure, è una irrealtà che esiste, che avviene nella nostra vita e che nella usa luce ci apre il cammino verso un mondo altro, verso ciò che riteniamo improbabile e inimmaginabile. Se ci fermassimo, anche solo per poco, a riflettere sulla nostra vita, ci accorgeremmo che non tutto era previsto, che quasi nulla è andato come noi l'avevamo immaginato, che ci sono stati attimi che hanno ribaltato completamente la nostra vita. La fiamma irreale è questa luce che eccede la quotidianità e che, al tempo stesso, entra nella nostra quotidianità. Una luce che non solo illumina il reale ma anche che scardina tutte le nostre precomprensioni sul reale, la nostra stessa arresa alla realtà. Questa è la luce di Dio, una luce a cui facciamo fatica a credere, una nube luminosa come raccontano le Scritture. Una nube dinanzi a cui il nostro raziocinio si arresta e che racchiude un segreto luminoso. Una nube oscura che vediamo tutti i giorni, nello sguardo di chi amiamo, nelle persone che ci chiedono aiuto, in chi ci sorprende,
Il Risveglio: un cammino verso la resurrezione
La nube luminosa, infine, non rimane solo il simbolo di una conoscenza altra, ma è anche una ri-conoscenza di una persona. La nube luminosa non è solo una nostra idea ma un vero e proprio cammino filosofico, alla ricerca di una Sapienza che cammina con noi, che non elabora solo concetti guardando la realtà dall'esterno, da immergendosi completamente nella realtà stessa. Una realtà che è relazionalità, una realtà che ci vede creature nella creazione, fratelli fra fratelli e sorelle, in un tempo e in uno spazio. La differenza fra la conoscenza e la sapienza è proprio in questo. Se la conoscenza elabora schemi mentali, la sapienza è riflessione con gli altri e per gli altri, dove l'alterità ha il volto del fratello e della sorella. Per questo la sapienza è sempre in cammino, è un sapere vivo, è una filosofia dinamica. E se la sapienza è dinamica, è anche un cammino verso i nostri fratelli e con i nostri fratelli. In questa relazione giungiamo ad una consapevolezza di noi stessi che eccede i nostri stessi schemi e le nostre comprensioni di noi stessi. Andiamo oltre, in un cammino di risveglio della nostra profondità. Il nostro essere creature, il nostro essere fratelli, il nostro essere sapienti ha come fondamento una relazione viva con Dio, una relazione dinamica. Questa relazione ci è stata aperta dalla rivelazione della nube oscura in Cristo Gesù. La luce che non riuscivamo a scorgere rimanendo fuori dalla nube, oggi irradia anche la nostra quotidianità perchè è la luce della resurrezione. Non una luce come le altre, ma una luce che nessun sole offusca perchè è fonte di ogni altra luce. Se la nostra vita è luminosa, piena di gioia e di vitalità, se ci sono ancora persone che irradiano la loro luce su di noi, se oltre guerre e paure c'è ancora una speranza, questo è Gesù Cristo Risorto, il grande Risveglio della nostra anima. Per cercare questa luce ci mettiamo ancora in cammino, perchè senza questa luce non varrebbe neanche la pena di vivere.
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