Sotto il segno della discontinuità 2 - Il crollo della vita come discontinuità esistenziale



Nel segno della discontinuità, della frattura e della conversione, possiamo guardare anche alla vita stessa di Pavel Florenskij. Nella sua opera Ai miei figli. Memorie di giorni passati dedica tutto un capitolo della sua vita al crollo. Da giovane e brillante studente di matematica, Florenskij respira a pieni polmoni il clima positivistico presente nella Russia di fine Ottocento. Il padre, d'altronde, è un ingegnere ferroviario che si trasferisce ad Evlach per lavoro. Sua madre, come ci descrive Florenskij stesso, insieme a suo padre tenevano la famiglia quasi distaccata dalla società. Florenskij descrive la sua famiglia come un'isola felice in cui essere al riparo. Di qui, allora, il piccolo Pavel inizia ad aggirarsi per il circondario, guardando attentamente il mondo che lo circondava da piccolo, guardandolo con occhi colmi di interesse. Quello stesso interesse che conserverà nel corso degli anni ma che assumerà sempre più una forma statica con il crescere. Ed è qui che si manifesta il punto di rottura nella vita di Florenskij. Durante i suoi studi in Matematica e Fisica, da buon ricercatore, tende sempre ad incasellare e a programmare i fenomeni, cercando sempre spiegazioni razionali e mettendo da parte il mistero insito nella realtà. Così, un giorno, racconta ai suoi figli: 

Al momento del crollo, quando mi parve che la volta celeste si fosse incrinata e mi stesse rovinando addosso, non provai nulla che già non conoscessi. A cambiare in modo radicale, invece, fu l'indirizzo della mia volontà. Tutti gli accenti semantici del sapere su cui potevo contare fino a un minuto prima si spostarono. Se prima dislocavo i pro del pensiero scientifico con la speranza di un futuro migliore e, in forza della mia convinzione, tiravo delle linee di connessioni fiacche e inconsistenti, mentre ai contra non prestavo orecchio, nell'analoga speranza che per loro si prospettasse un futuro ancora peggiore, ora - e mio malgrado - i pro e i contra si erano scambiati di posto. I pro erano avvizziti, quasi bruciati dal gelo, e di colpo non parevano più convincenti. Al contrario e altrettanto all'improvviso i contra avevano alzato la testa ed erano risultati vincitori, sebbene io non avessi detto loro di . Alcuni di essi non ricevettero mai quel , altri lo ottennero ma non subito, tuttavia li sentivo già padroni della situazione. Ebbe luogo un profondo spostamento della volontà, e da quel momento il significato della mia attività intellettuale cambiò di segno.
P. A. Florenskij, Ai miei figli. Memorie di giorni passati, Mondadori, Milano 2011, p.301-302. 

Una discontinuità, in questa prospettiva, che non riguarda la delusione dei frantumi a cui era stata ridotta l'opera di Florenskij. Una discontinuità che è uno scarto esistenziale, che è coraggio di cambiare, di lasciare qualcosa di noto a favore dell'ignoto. Una discontinuità nascosta fra le diverse età della vita, una discontinuità che non è solo novità ma ritorno a quella prospettiva da bambino, ritorno alla visione di un mistero più grande che si rivela nei simboli. Una discontinuità per ritornare ad una realtà dinamica, viva, oltre ogni chiusura razionale. Una discontinuità che investe la vita, un crollo che è conversione. 

Commenti