Sotto il segno della discontinuità 3. Discontinuità esistenziale: la colonna e il fondamento della Verità
In una delle sue opere più importanti padre Pavel pone
il momento della discontinuità come scelta, insieme, razionale ed esistenziale.
Ne La colonna e il
fondamento della verità, Florenskij rintraccia gli assiomi della razionalità
come anche le motivazioni del cuore nella ricerca della Verità ultima, la Verità tutta intera (vseedinoe).
Questa è la Verità a cui ontologicamente, tutti noi tendiamo e che non possiamo
fare a meno di recepire e di conoscere. Non per un nostro capriccio ma per una
tensione che ci portiamo dentro, una tensione che tende alla perfezione.
Florenskij si interroga sui modi per giungere a questa Verità, al come possiamo
arrivare ad una conoscenza della realtà per quella che è. Una Verità (Istina)
che coniuga, quindi, realtà ed essere. Questa è la colonna e il fondamento
della Verità. La scelta di campo che fa padre Pavel è quella di esaminare a
fondo la logica della conoscenza e l'epistemologia per giunge ad un livello in
cui nessuna delle due può far più nulla se non curvarsi nelle loro stesse basi.
Così, da una parte abbiamo l'epochè come resa dinanzi
all'impossibilità di una conoscenza razionale della Verità, dall'altra un regressus ad
infinitum nel porre continuamente basi senza approdare mai a nulla. Qui si inserisce
il salto florenskijano, la rottura con il monismo razionalista, la
discontinuità esistenziale e gnoseologica. Leggiamo:
Tra la conoscenza concettuale (postulativa quindi
presuppositiva) della Verità, che abbiamo finora indagato, e la conoscenza propria dell'intuizione intellettuale della Verità (della
Verità sussistente, che include in sè la propria fondazione e perciò assoluta)
c'è un abisso che non si può
affatto aggirare e che nessuno sforzo riesce a far saltare. Perchè bisogna
porsi su un terreno nuovo di cui non abbiamo neanche l'idea e non sappiamo
nemmeno se esista, perchè i beni spirituali che cerchiamo sono posti al di là della
conoscenza carnale, sono "quel che occhio mai non vide, nè orecchio mai
udì, nè mai cuore d'uomo le ha potute gustare" (1Cor 2,9; Is 64). Il ponte
che conduce da qualche
parte, forse all'orlo dell'abisso, forse all'Eden delle perenni gioie spirituali,
oppure da nessuna parte, è la fede. Dobbiamo o morire nell'agonia sulla nostra sponda dell'abisso, o andare
verso l'ignoto e cercarvi la "Terra nuova" dove "abita la
Verità-Giustizia" (2Pt 3,13). Siamo liberi di scegliere, ma dobbiamo
deciderci per l'uno o per l'altro: per la
ricerca della Trinità o per la morte nella pazzia. Scegli: o verme, o nulla; tertium non
datur!
P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della Verità. Saggio di
teodicea ortodossa in dodici lettere, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, p.74-75.
In questa scelta si gioca la discontinuità
florenskijana per giungere alla Verità. Una scelta che implica tutta la nostra
vita, una conoscenza che non è solo raziocinante ma esistenziale e spirituale.
Dal momento che la Verità è tuttunità, allora è un continuo cammino che implica tutto noi
stessi, tutto di noi stessi.
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