Pavel Florenskij: un avvenimento umano e intellettuale 2. La memoria e la paternità




Tornando sulla questione di Florenskij come pensatore che ha fatto della sua vita una riflessione filosofica, non possiamo non partire dalla sua infanzia o, meglio da ciò che lui racconta di sé nella sua infanzia. Infatti, il nostro pensatore nasce nel 1882 ad Evlach, ma si trasferisce in Georgia, fra Batumi e Tiflis, sulle sponde del mar Nero. Il lavoro del padre, ingegnere delle ferrovie, spinge il piccolo Pavel a trasferirsi lì con tutta la sua famiglia. Del suo racconto biografico sappiamo dalle riflessione che egli stesso ha steso, una specie di Memorie rimaste incompiute. Particolare, infatti, è il momento in cui ha iniziato a scrivere le sue Memorie ed anche il perché della stesura. Siamo nel 1916 e padre Pavel inizia a sentire da lontano gli echi della rivoluzione imminente. In un clima d’odio e di ribellione, di tempesta e di repressione, ecco che Florenskij sente la necessità di lasciare ai suoi figli una testimonianza della sua vita, in particolare dell’infanzia. Ci piace notare, nelle motivazioni che l’hanno spinto a scrivere la sua storia, anche la paternità di Florenskij, il suo desiderio di lasciare una testimonianza ai suoi figli di quello che è ha vissuto nella sua infanzia, per poter rintracciare un filo d’oro in mezzo agli sconvolgimenti del mondo. E il filo d’oro che tiene Florenskij in tutta la sua narrazione è quello dell’esperienza dell’Eterno. Ogni fenomeno vissuto da bambino, dalla famiglia al mare, gli parla dell’Eterno manifestato attraverso simboli. Scrive:
Singoli fenomeni, però, talvolta scuotono quella conoscenza sopita, ed essa torna ad affiorare e a far trepidare. E allora torno vagamente a vederlo, il mare della mia infanzia, nelle sostanze fluorescenti – soprattutto nella luminescenza color mela verde del tubo di Crookes -, o nell’odore delle alghe; annuso quel mare metafisico persino in una boccetta di tintura di iodio, e sento la sua risacca nei ritmi altalenanti delle fughe e dei preludi di Bach e nel rumore secco e sonoro della brace rivoltata. Ricordo le mie impressioni di bambino e non mi sbaglio: sulla riva del mare mi sentivo faccia a faccia con l’Eternità amata, solitaria, misteriosa e infinita dalla quale tutto scorre e alla quale tutto ritorna. L’Eternità mi chiamava, e io ero con lei.[1]
Le Memorie rimaste incompiute, sono state intitolate da Florenskij stesso Ai miei figli, indicando il chiaro intento dell’opera. Non si tratta, dunque, di una elaborazione concettuale ma di una riflessione sapienziale sulla propria esperienza di vita. Tutto parte dall’esperienza che Florenskij fa di un fenomeno. Questo fenomeno si imprime nel piccolo Pavel diventando un simbolo. Il simbolo, poi, viene rielaborato attraverso una lettura sapienziale della propria vita, attraverso la narrazione di se stessi con il chiaro intento di rivelare i fili, le interconnessioni, spaziali e temporali della vita. A questo, dunque, serve il racconto di Florenskij, da una parte a far emergere in lui la consapevolezza che l’esperienza viva è l’unico terreno fecondo su cui la riflessione sapienziale possa attutire, possa farsi carne attraverso i simboli. Dall’altra, man mano che questa esperienza viva viene riflessa attraverso la sapienza, ecco che l’esperienza stessa cresce e diviene comunicabile. E la vita diviene testimonianza, dove la testimonianza indica la possibilità di un’altra vita che diviene vita altra, vita diversa, modus vivendi che interpella la nostra vita. Oggi più che mai, la testimonianza ha bisogno di essere riconiugata con la paternità. In Florenskij, infatti, ritroviamo proprio questo legame inscindibile, dove il padre non è colui che dà le norme di comportamento ma è il testimone di una vita realizzata, di uno spessore umano, di una trascendenza che eccede lo stato attuale. In altre parole, la testimonianza legata alla paternità in Florenskij, diviene punto di domanda ma anche provocazione educante per la paternità del mondo attuale. In un mondo dove i genitori sembrano delegare e abdicare alla crescita dei loro figli, ecco che i figli cercano sempre più padri testimoni, in grado di far percepire ai loro figli il grande mistero che li circonda.  



[1] P. A. Florenskij, Ai miei figli. Memorie dei giorni passati, Mondadori, Milano 2011, p. 85.

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