Morte di Dio e libertà dell’essere umano
Slavoij Žižek è una delle figure più eminenti del dibattito
filosofico contemporaneo. Andre Loffi sul Nuovo
giornale di filosofia della religione, ci dà uno spaccato della sua
filosofia della religione.
Procedendo all’indietro, dall’opera più recente alle prime,
Loffi ci presenta la filosofia della religione di Žižek, il quale rimane sempre
e comunque una domanda aperta sia nelle sue opere sia nella sua riflessione. Un
posto prevalente, dunque, merita la filosofia della religione nelle opere di
Žižek: Christian Ateism conferenza
tenuta alla European Graduate School,
poi Meno di niente, la Mostruosità di Cristo, la Fragilità dell’Assoluto. Quattro opere che
caratterizzano il quadrilatero filosofico religioso di Žižek.
Nella sua ultima conferenza, Christian Ateism, Žižek fa notare come tutte le religioni pongano
una differenza sostanziale fra l’essere umano e l’essere divino. in questa
separazione, le varie pratiche ascetiche occorrono per ricongiungere l’essere
umano al divino con diverse modalità. Tuttavia, la particolarità del cristianesimo
è quella dell’ateismo di Dio. In
Cristo, ogni essere umano, può collocarsi nella sua vera umanità. In questa
umanità, dunque, è la divinità di Cristo stesso che dà la possibilità
all’essere umano di diventare divino. In altre parole, l’assunzione
dell’umanità da parte di Dio stesso, dice che Dio rinnega la sua stessa
posizione di superiorità nei confronti dell’essere umano diventando uomo egli
stesso, in Cristo Gesù. Ecco, dunque, secondo Žižek, il perché il cristianesimo
stesso sussume dentro di sé anche l’ateismo.
Passando all’altra opera di Žižek, Meno di niente, il filosofo di Lubiana mette in relazione la morte di Dio con la libertà dell’essere umano. Quando Cristo muore, significa che Dio
stesso muore e lo Spirito che giunge sulla terra, attraverso Cristo, forma una
comunità di uomini liberi. Ora, questa libertà, secondo Žižek, è proprio la potenza del negativo, dove il negativo
indica lo squilibrio nelle società organiche. Le società organiche, secondo
Žižek, sono quelle società che danno la normalità e l’ordine. Queste società
sono il positivo ovvero il già dato,
l’equilibrio, dove la libertà invece è il negativo,
è lo squilibrio. E lo squilibrio è in
grado di sovvertire le cose, di trasformare la realtà. Questo negativo ci viene
dato proprio dal “vuoto” che ha lasciato Dio stesso con la sua stessa morte,
scegliendo di morire per gli esseri umani. E lo squilibrio del negativo genera
la società capitalista, mentre Žižek vede in Hegel colui che portato nel
pensiero la potenza del negativo.
Da qui, nell’opera precedente, Žižek aveva affermato la mostruosità di Cristo. Ora, Žižek parla
della mostruosità come qualcosa che si mostra, che si fa vedere. E Gesù è colui
che si mostra per due ragioni. La prima ragione è quella che egli, in quanto
vero Dio e vero uomo, è colui che si rivela, che si rende visibile, che si
mostra, appunto. In secondo luogo Žižek, parla del momento della crocifissione
di Gesù come il massimo della sua mostrazione, sia come episodio della sua
storia sia come elemento che nel corso della storia è stato maggiormente
raffigurato. Paradossalmente, quando la croce diviene la mostrazione assoluta
della vita di Cristo, esso fa sorgere in noi una certa libido, che Žižek
utilizza molto nelle sue letture, indicando come ci sia uno scambio fra la
mostruosità di chi è guardato con la mostruosità di chi guarda. In altri
termini, il guardare alla croce di Cristo rischia sempre di non essere compreso
come strumento di redenzione, ma come elemento doloristico. La croce, dunque,
quando non viene vista nella prospettiva divino-umana, rischia di appiattirsi
in una oscura e ambigua libido pietista incentrata sulla sofferenza piuttosto
che sulla redenzione.
Infine, ne La
fragilità dell’Assoluto, Žižek sorprende tutti per la sua teoria di
marxista. Infatti, secondo Žižek è necessario che cristianesimo e marxismo lavorino
insieme contro il vero oscurantismo spiritualista che pone nel soggettivismo il
suo maggior strumento di annichilimento. Žižek pensa allo spiritualismo, dunque,
come tutte quelle religioni che puntano sull’individualismo del singolo in relazione
alla divinità. In questa prospettiva, dunque, mancherebbe la comunità e,
quindi, la libertà stessa delle persone. Cristianesimo e marxismo, dunque, lavorano
insieme per amore del prossimo.
Dall’analisi di queste quattro opere, Loffi conclude:
Gesù, che è Dio fatto uomo, dubita di Dio in
croce quando chiede al Padre perché lo ha abbandonato, e muore in croce. Il
dubbio e la morte sono posti in Dio a opera di Dio stesso e, insieme,
dell’uomo. Quando Gesù ascende al cielo e manda lo Spirito Santo tra gli
uomini, ciò significa che l’uomo è lasciato definitivamente solo con se stesso,
che egli e la realtà possono prendere piena coscienza d’essere un vuoto, che lo
Spirito Santo altro non è che il Geist di Hegel, il mondo umano nella
sua dialettica. La conclusione del cristianesimo non è la risalita dell’uomo a
Dio e la riconciliazione con Dio, ma la posizione della scissione di Dio con se
stesso e la libertà radicale dell’uomo. In sostanza, il cristianesimo coincide
con l’ateismo ed è il seme del comunismo: togliendo il divino, esso dà luogo
alla libertà da tutto e per tutto, e quindi a un assoluto potenziale
emancipatorio.[1]
Il cristianesimo, quindi,
secondo Žižek non è la religione oscurantista come direbbe un marxista
ortodosso, ma conserva in sé un enorme potenziale emancipatorio. Dal momento
che Dio sceglie di morire, pone l’essere umano dinanzi alla sua libertà più
radicale. In questa prospettiva, dunque, il cristianesimo conserva in sé già le
tracce dell’ateismo e della laicità. In questo senso, la lotta fra ateismo e
cristianesimo è alquanto sterile e inutile, dal momento che entrambe sono una
scelta dinanzi alla morte di Dio. Tuttavia, lo scarto fra il cristianesimo e
l’ateismo non è nella loro identificazione, quanto nella resurrezione. La
resurrezione, dunque, ci permette di guardare alla croce di Cristo non solo
come oggetto della libido e della mostruosità quanto come supporto e compimento
della radicale liberazione dell’essere umano. Se vogliamo una immagine
plastica, le stesse apparizioni di Cristo dopo la sua resurrezione ci fanno
puntare sempre lo sguardo sui segni della Passione. Da una parte ad indicare
che quel Gesù risorto è lo stesso che è morto, ma dall’altra parte ci spingono
a dire con Žižek, che la resurrezione è il compimento della piena radicalità
della libertà umana. In quanto la resurrezione non chiude il cerchio del
fatalismo della morte di Dio, ma pone la libertà sempre e comunque dinanzi alla
sua responsabilità, dinanzi all’altezza della libertà stessa. Ora, questa
radicalità della libertà, per Žižek, non indica la sua assolutezza dal momento
che la prossimità degli altri, spinge
la libertà personale ad un continuo confronto, anche conflittuale. Ma proprio
in questo conflitto ritroviamo già la soluzione, in quanto il confronto e il
conflitto mi dice già la radicalità della mia libertà. Così:
Nei termini di Žižek, perché «il problema stesso diventa la
propria soluzione»: la supposta impurità della rivelazione biblica, la sua
manchevolezza interna non preclude l’accesso alla purezza della cosa stessa –
la Parola di Dio – ma è la purezza della cosa stessa. Il negativo non sta nel
modo in cui percepiamo la cosa (la mancanza di una rivelazione pura), ma sta
nella cosa stessa (l’impurità della rivelazione è la sua purezza). Per fare il
verso all’opus magnum di Žižek, si potrebbe dire che la Bibbia è less
than a word, meno di una parola.
Così, dove la Bibbia
diviene una crosta difficile da penetrare e perennemente mancante di qualcosa,
la Parola è ciò che è contenuto nella Scrittura in quanto è la nostra relazione
continuamente mancante e, per questo, continuamente in tensione, verso un Dio
che non può che essere comunione di Tre Persone, dove l’Uno è dinanzi
all’Altro.
[1] A. Loffi, Più che morto. Slavoij Žižek e l’ateismo cristiano, in Nuovo giornale di filosofia della religione,
8(2018), p. 10.
Commenti
Posta un commento