Pavel Florenskij, un avvenimento umano e intellettuale 3. La matematica e l’infinito: Florenskij incontra Bugaev
Parlare della
matematica nel pensiero di Florenskij non significa solo riferirsi ai suoi
primi studi o alla sua giovinezza. Significa rintracciare la molla che lo ha
portato alla conversione religiosa, allo sviluppo delle sue teorie sul simbolo,
alla sua testimonianza di vita dal momento che non abbandonerà mai la materia. Dopo
gli studi classici, Florenskij si iscrive alla Facoltà di Matematica e Fisica
di Mosca. È qui che conosce il grande matematico Nikolaj Bugaev, padre del
poeta Andreij Belyj, con cui Florenskij intreccerà una profonda amicizia. Gli
insegnamenti di Bagaev sono improntati della sua teoria di simbolico-matematica
in riferimento all’ambito spirituale. Sono anni in cui in Russia si sviluppa
una forte attenzione alla spiritualità e alla ricerca filosofica iniziata da
Vladimir Solov’ëv. Le
idee di Bugaev appassioneranno il giovane Florenskij tanto da concentrare la
sua attenzione verso il principio di
discontinuità in matematica. Secondo il principio
di discontinuità, infatti, un punto, detto punto di discontinuità, è tale in quanto non rispecchia
propriamente la l’insieme f in cui si
trova. In altre parole, il principio di
discontinuità afferma che nell’ordine dei numeri reali (R) c’è un elemento,
un numero, un punto, che interrompe la serie continua e che, quindi, divide
l’insieme. Il punto di discontinuità è l’eccezione, l’elemento discriminante,
l’anomalia che permette alla serie regolare di aprirsi a nuove comprensioni e,
nel caso della realtà, ad evolversi. Da questa teoria comprendiamo bene cosa
possa aver affascinato il giovane Florenskij. Già nelle pagine in cui ricorda
la sua infanzia scrive della sua visione della legge e della meccanica, in
relazione alla discontinuità.
Con trepidazione cercavo i casi nei quali la legge in
questione risultava inapplicabile e, quando saltavano fuori eccezioni che non
le si sottomettevano, il mio cuore per poco non si fermava per l’eccitazione:
ero entrato in contatto con il mistero. Difficile formulare con esattezza il
mio gusto per le eccezioni. Non aveva nulla in comune con il desiderio di
confutare la legge in quanto tale, di sostituirla con un’altra, nuova,
ampliata; non aveva nulla a che fare con la conoscenza razionale della natura.
Al contrario, ero appagato dalle leggi esistenti e mi premuravo di confermarle;
le infiltrazioni logiche e metodologiche nei concetti e nei presupposti
scientifici mi parevano più che altro dei cavilli, argute sottigliezze del
pensiero che nulla apportavano alla scienza. Concetti, presupposti e leggi: razionalmente
erano loro a essere fondati; ciò non di meno la natura ribaltava
qualunque legge, per quanto affidabile essa fosse: quello era l’irrazionale. La
legge è l’autentico recinto della natura; ma anche il muro più spesso ha crepe
sottilissime attraverso le quali si infiltra il mistero.[1]
La legge della
discontinuità matematica, dunque, affascina il nostro giovane pensatore in
quanto pone un nomos non di
confutazione ma di visione. Spieghiamo meglio. Florenskij afferma che la natura
si regge su delle leggi che possono essere spiegate attraverso la matematica.
Tuttavia, la realtà, come anche la matematica, hanno punto di discontinuità che
permettono il riconoscimento, che permettono una sintesi evolutiva più ampia
della precedente serializzazione. Questa discontinuità è la crepa attraverso
cui il mistero della vita penetra all’interno della natura stessa, all’interno
della materia. E questo viene spiegato dallo stesso linguaggio matematico che
non pone una barrire fra razionale e irrazionale ma è, nel suo stesso
linguaggio numerico e nella sua stessa razionalità, il luogo in cui irrompono i
raggi dell’irrazionale, di ciò che non è a-logico ma ana-logico, oltre il
razionale stesso. in questa crepa, dunque, si insinua ciò che è altro dalla
logica, ciò che non sottostà alle leggi della logica ma è altro, è Altro.
Dell’importanza delle teorie matematiche per tutto il pensiero florenskijano e
non solo per i primi anni della sua vita, ne è prova la sua tesi di dottorato
di cui è stata pubblicata in russo solo l’introduzione, La particolarità delle curve piane, come luoghi di alterazione della
continuità. Tenendo presente il principio
di discontinuità, ci soffermeremo sull’analisi che Florenskij mette per
esteso a proposito della teoria insiemistica di Georg Cantor.
Commenti
Posta un commento