Florenskij, un avvenimento umano e intellettuale 4. L’incontro con Cantor: il finito e l’infinito



Un approfondimento a parte merita la relazione che il giovane Florenskij coltiva con le idee di Georg Cantor. Conosciuto attraverso il pensiero di Bugaev, Cantor esercita un’attrazione e un influsso sul pensiero florenskijano di ineludibile valore. Possiamo affermare che il pensiero di Florenskij nasce e si sviluppa dalle idee di Cantor pur rimanendo nella sua audace originalità. In particolar modo, Florenskij rimane impressionato dalle teorie sull’insiemistica del Matematico, tanto da strutturare il suo stesso pensiero sulla soglia fra il finito e l’infinito. Cantor aveva ipotizzato che l’insieme dei numeri reali, dal momento che potessero essere suddivisi per insiemi, contribuissero ad esplicitare l’attualità dell’infinito stesso. Se prendiamo i numeri reali (R), notiamo come essi siano in progressione: 1-2-3-4 ecc. Tuttavia già parlare di insieme di numeri reali (R) significa prendere una parte, un insieme dei numeri naturali (N). Prenderne una parte, raggruppandola, non elimina il fatto che questo insieme sia infinito, paradossalmente, infinito. Un insieme, infatti, per sua definizione è una parte, ma l’insieme dei numeri, per quanto sia una parte, è sempre una parte infinita di una serie infinita. Inoltre, se nell’insieme dei numeri reali (R) decidessimo di prendere una parte e, quindi, di circoscrivere un ulteriore insieme, ad esempio dei numeri pari, noteremmo che questo insieme rimane sempre infinito. Ma così anche se scegliessimo di prendere un insieme arbitrario di numeri in serie, fra di essi ci sarebbero sempre e comunque una serie infinita di numeri. Insomma, l’insiemistica di Cantor tende a dimostrare che nella serie reale dei numeri c’è un infinito attuale che si differenzia da un infinito potenziale. In una sua opera giovanile I simboli dell’infinito (Saggio sulle idee di Cantor), Florenskij scrive:
Per sua definizione, ogni quantum può essere duplice. Esso può essere dato e stabilito in modo fermo e immutabile e del tutto determinato, e allora rappresenta ciò che va sotto il nome di costante. Ma può anche non essere determinato, e può mutare divenendo maggiore o minore. In quest’ultimo caso, viene detto variabile. L’infinito attuale, dunque, è un caso particolare del quantum costante, mentre l’infinito potenziale lo è del quantum variabile, e in ciò risiede la loro profondissima distinzione essenziale o, se si vuole, la loro sostanziale contrapposizione.[1]
Il quantum di cui parla Florenskij è una misura stabile, matematicamente data a priori. In altre parole, se prendiamo una particella minima quale può essere un numero, rimanendo costante nella sua forma finita, rivela in sé un infinito attuale, dal momento che non cambia con il mutare degli insiemi stessi. I numeri reali rimangono sempre e comunque nella loro unità seppur si decide di raggrupparli in un modo o in un altro. Eppure, nella loro costante finita, paradossalmente, appartengono all’infinito. Per questo, l’infinito e il finito non si contrappongono come due concetti separati, ma troviamo l’infinito nel finito stesso. Questo è l’infinito attuale, ciò che rivela la potenzialità di un simbolo stesso, dai numeri a tutti gli altri simboli che analizzerà Florenskij. All’infinito attuale, tuttavia, si contrappone l’infinito potenziale ovvero quell’infinito illimitato, che non parte e non porta da nessuna parte, che disgrega se stesso implodendo su di sé. Questo cattivo infinito è ciò a cui maggiormente ci riferiamo, più o meno consapevolmente, quando pensiamo l’infinito in sé. Invece, l’infinito attuale ci rivela qualcosa d’altro, ci rivela che l’infinito è reale. Molto più di quello che possiamo immaginare o pensare.


[1] P. A. Florenskij, Il simbolo e la forma (Saggio sulle idee di Cantor), in Id., Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 23-24.

Commenti