La trasfigurazione, un tassello fondante 4. La luce taborica




Per comprendere la trasfigurazione e il suo senso teologico per la liturgia, la teologia, la spiritualità, non possiamo non riflettere sulla luce che, in quel giorno, è brillata sul Tabor. Ciò che ci viene detto dai Vangeli è che Gesù cambiò di aspetto, che le sue vesti divennero splendenti, bianchissime, che il suo volto si illuminò. Vengono descritti, insomma, tutti gli effetti di questa luce ma mai la luce stessa. Nell’iconografia, invece, la luce è qualcosa che Gesù emana, rappresentata con una mandorla che con i suoi raggi giunge ai discepoli. la luce della trasfigurazione è qualcosa di ineffabile, di incomprensibile, capace di trasformare l’essere umano in quanto scaturisce dalla metamorfosi di Cristo stesso. La luce è, dunque, il prolungamento stesso della luce di Cristo. Ed è una luce che mete in discussione la nostra stessa comprensione della realtà, in quanto ci pone dinanzi ad una cambiamento della realtà stessa. La luce taborica è una luce che proviene dalla Trasfigurazione di Cristo, per questo trasfigura la realtà come la stessa realtà di Cristo è stata trasfigurata in quella stessa luce. Ma questo, dunque, pone già un duplice problema. Il primo è che la luce della Trasfigurazione sia reale e che la realtà stessa possa essere cambiata. Partendo dal secondo problema, dunque, ci occorre chiederci cosa sia la realtà e cosa abbiamo in mente quando parliamo di reale. Infatti, se la realtà è solo ciò che abbiamo dinanzi, solo ciò che vediamo, solo ciò che possiamo misurare, allora la realtà risulta essere ridimensionata alla nostra realtà, alla nostra concezione e percezione del reale. Mentre se guardiamo alla realtà come un insieme complesso, come coinvolgimento di tutto noi stessi in una relazionalità complessa, allora, comprendiamo come la realtà sia sempre maggiore di ciò che possiamo pensare. Inoltre, se guardiamo alla complessità del reale, ci rendiamo conto di cosa significhi la luce della trasfigurazione come capacità di cambiare la realtà, come possibilità che Cristo ha introdotto di metamorfizzare la realtà. Per questo motivo, dunque, la luce della trasfigurazione, seppur non rappresentabile completamente è reale. Stamatis Skliris, iconografo e presbitero, scrive:
Va qui sottolineato che la trasfigurazione significa principalmente libertà dalle leggi del creato e non cambiamento delle proprietà (teologia del prototipo). Essa manifesta la possibilità che Cristo viva un altro modo di esistenza, libero dalla forza costrittiva delle leggi di natura. Egli, in quel momento,  non mutò semplicemente alcune proprietà create, ma cambiò tutto il modo di esistenza: si trovò nel modo di esistenza dell’increato, che superava le leggi del creato, implicanti la necessità e la corruzione; e poi rientrò nel modo di esistenza del creato. La differenza ontologica tra creato e increato sta nella libertà. E la differenza visiva fra il “Gesù quotidiano” e il “Cristo trasfigurato” viene espressa con la luce taborica.[1]  
La possibilità di interpretare la realtà secondo molteplici aspetti e secondo una ermeneutica che tenga conto di una pluralità di punti di vista ci permette di riconoscere la realtà della luce taborica in quanto intendiamo con luce taborica la stessa capacità trasformativa di una situazione, di un contesto, di una persona. La luce taborica, dunque, è colta nella sua particolarità liberante proprio in quanto ermeneutica, proprio in quanto capace di liberarci da una visione riduzionista della realtà che, paradossalmente, può manifestarsi in molte forme: fisicismo, biologismo, materialismo, comportamentismo. Insomma, tutti gli –ismi e tutte le ideologie tendono a farci vedere la realtà sotto una sola dimensione. E questo rischio viene cancellato dalla luce della trasfigurazione in quanto la trasfigurazione getta luce sulla realtà stessa. Infatti, la luce taborica non ci fa vedere semplicemente le cose da un altro punto di vista, ma tiene insieme i vari punti di vista. Se fosse solo un punto di vista altro, finirebbe per essere solo un altro punto di vista non differente dagli altri. Ma se fosse solo un altro punto di vista, allora la luce del Tabor sarebbe solo una esperienza che ha fatto Gesù, una esperienza anche egotica di Gesù dal momento che solo lui avrebbe potuto trasfigurarsi. Insomma, se la luce taborica fosse solo un altro punto di vista, allora, torneremmo a ridurre la realtà ad una sola dimensione, fosse anche quella della fede. E questo passaggio ci capita spesso nella nostra vita, soprattutto quando viviamo la fede senza luce taborica, senza la possibilità di riconoscere come la fede apra alla visione, e la visione unifichi in Cristo tutte le dimensioni della realtà.  



[1] S. Skliris, La luce della trasfigurazione nell’iconografia ortodossa, in Aa. Vv., Il Cristo trasfigurato nella tradizione spirituale ortodossa. Atti del XV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, Qiqajon, Magnano (Bi) 2008, p. 154.

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